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mercoledì 23 maggio 2018

DEADPOOL 2 (2018) DI DAVID LEITCH [NO SPOILER]


Passata la sbornia da Avengers – Infinity War, la catena di montaggio denominata Marvel, anche se stavolta la Disney rimane in disparte e lascia spazio alla Fox, assembla e offre alla pubblica piazza il sequel del cinecomics più irriverente, sboccato, violento e citazionista che si sia mai visto: Deadpool. Se il primo film, datato 2016, contrapponeva ad un risicatissimo budget un film divertentissimo e cazzaro, il secondo, grazie al successo riscosso dal suo predecessore, bilancia quasi perfettamente tutti gli elementi risultando quasi al livello dei primi capitoli della saga ultradecennale degli Avengers firmata Marvel Disney.


Stavolta vedremo Wade Wilson/Deadpool (Ryan Reynolds) impegnarsi nel formare una squadra (la X-Force) per salvare un giovanissimo mutante, Russell Collins/Firefist (Julian Dennison), dal furioso Nathan Summers/Cable (Josh Brolin), tornato indietro dal futuro per ucciderlo, ma anche dal Preside (Eddie Marsan) dell’orfanotrofio dato alle fiamme dallo stesso Russell, inferocito per i maltrattamenti  infertigli.


Con fantasmagorico ritardo (sia rispetto all’anteprima stampa, sia all’uscita nelle sale) ho potuto assistere a questo film la cui attesa, diciamoci la verità, non è che mi creasse chissà quali scompensi ormonali. Diciamo che l’aspettavo con curiosità, ma nulla più.
Il cambio di regia da Tim Miller (più un addetto agli effetti speciali che un regista) a David Leitch (John Wick e Atomica bionda) regala a Deadpool 2 una fisionomia più classica rendendolo un cinecomics più canonico, un film che, come già anticipato, mantiene la sua natura stravagante ma, allo stesso tempo, risulta meno macchinoso, più fluido, coerente e, se si eccettua un finale leggermente arzigogolato, facile da seguire, senza però cedere dal punto di vista visivo e creativo.


Tutta la pellicola è un crogiuolo di citazioni cinefile e musicali, un concentrato di violenza (mai fine a se stessa) e battute goliardiche e politicamente scorrette, e fin qui, direte voi, nulla di nuovo. La novità sta nel fatto che Deadpool 2 trova nella coralità uno dei suoi maggiori punti di forza, e i personaggi aggiunti nel racconto, sia che si parli di buoni o cattivi, sono tutti dotati di una bella caratterizzazione (in particolar modo Cable e Domino, quest’ultima interpretata da Zazie Beetz) senza dimenticare Colosso, che ricalca in tutto e per tutto la performance offerta nel capitolo precedente. Inoltre risulta molto ben costruita la linea “romantica” del racconto e viene anche molto ben giustificato il messaggio “Deadpool 2 sarà un film per famiglie” sbandierato in fase promozionale.


Le due ore di durata scorrono via che è un piacere e non bisogna assolutamente muoversi dalla poltrona prima che venga spento il proiettore perché le scene mid-credit e post-credit sono quella che si dice “la ciliegina sulla torta”. In particolare, la scena mid-credit è assolutamente funzionale alla trama del film stesso, ma la scena post-credit é quanto di più fico sia mai stato visto in fatto di scene post-credit. Non voglio dilungarmi oltre perché altrimenti scadrei nello spoiler.
In conclusione si può benissimo affermare che Deadpool 2 sia un sequel assolutamente degno, se non migliore del suo predecessore, divertente, godibile e fuori di testa come, d’altra parte, lo è il suo protagonista. Il tutto impreziosito da una colonna sonora pazzesca.
Promosso, quindi, a pieni voti.
Voto: 8,5.
Luca Cardarelli





venerdì 18 maggio 2018

SOLO - A STAR WARS STORY (2018) DI RON HOWARD [NO SPOILER]


Dopo Rogue One – Star Wars Story, il primo spin-off della monumentale saga di Star Wars, arrivata oggi all’ottavo capitolo tra alti e bassi (dove gli alti sono i tre episodi della Trilogia originale, mentre i bassi sono gli altri tre della Trilogia Prequel, e in mezzo stanno i primi due episodi della Trilogia Disney, il settimo e l’ottavo, per l’appunto), eccoci arrivati al secondo film della saga degli spin off, sempre col marchio Disney impresso a fuoco, quello dedicato al personaggio più carismatico di tutti, o meglio tra i più carismatici di tutti, Han Solo.


Dopo uno sviluppo travagliato, a causa di disguidi relativi alla regia, originariamente affidata al duo formato da Phil Lord e Christopher Miller (alla fine accreditati solo come Produttori Esecutivi), sostituiti dopo poco tempo da Ron Howard per volere della Disney che non approvava modo di concepire il prodotto affidato loro (probabilmente, si dice, avevano dipinto in maniera troppo comica il personaggio principale. Ma La Disney aveva dato un’occhiata alla loro filmografia? Lego Movie, Piovono Polpette, 21 Jump Street...), finalmente Solo – A Star Wars Story ha visto la luce venendo presentato il 15 maggio 2018 nientemeno che durante la Kermesse cinematografica di Cannes, suscitando pareri abbastanza discordi tra i critici, i fan della saga e i semplici, per quanto informati, spettatori.


Ma andiamo per ordine.
Il plot è quanto di più semplice si potesse immaginare: si narrano le avventure, ambientate undici anni prima degli eventi narrati in Rogue One, e subito dopo quelli de La Vendetta dei Sith, che porteranno il diciottenne Han (Alden Ehrenreich) a conoscere Chewbacca (Jonas Suotamo) e Lando Calrissian (Donald Glover) e a pilotare il Millennium Falcon, la mitica nave intergalattica capace di percorrere in soli 12 (attenzione, non dite “in 14” altrimenti si indispettirà) Parsec la rotta di Kessel. Oltre i sopra elencati personaggi, vedremo anche il fuorilegge Tobias Beckett (Woody Harrelson), sua moglie Val (Tandie Newton), il primo amore di Solo, Qi’ra (Emilia Clarke), mentre il villain di turno sarà Dryden Vos (Paul Bettany), membro dell’Alba Cremisi, un sindacato criminale.


Il film inizia di corsa, senza una presentazione dei personaggi, o del personaggio principale. Nulla si sa sulle origini di Han, solo che è un ragazzino senza famiglia che vive truffando e derubando, e sogna di diventare un pilota. L’imberbe Ehrenreich ci prova ad essere un Han Solo credibile, ma manca di carisma, non si fa voler né bene né male, non entra nel cuore, non ha niente dell’Han Solo Harrisonfordiano, non ci somiglia nemmeno anatomicamente. E poi c’è Ki’ra, e anche lei esiste senza un passato, non sappiamo chi sia, da dove viene e che ruolo abbia, se non quello di rubare il cuore (AAAAWWWWW!!!) del giovane Han. Anche lei, oltre ad essere di bella presenza non regala nulla in più al film. Al contrario quello interpretato Woody Harrelson è un gran bel personaggio che ruba la scena un po’ a tutti ma, essendo un film dedicato ad Han Solo, la cosa stona un po’, non trovate?


Stesso discorso va fatto per il Lando Calrissian di Donald Glover, personaggio dalle potenzialità infinite, ridotto ad una sterile macchietta per non oscurare completamente l’inutile Ehrenreich, che dovrebbe primeggiare su tutti ma che il più delle volte si rivela più un futuro “Trinità” che l’abile contrabbandiere in grado di far innamorare la Principessa Leia.
La regia di Ron Howard risulta senza infamia e senza lode, tira dritto come la linea di un encefalogramma piatto e va dal punto A al punto B senza intoppi di sorta, ma non regala nessuno spunto interessante, nemmeno quando la sceneggiatura dei Kasdan si inventa dei telefonatissimi Plot Twist che fanno esclamare “Oh, quelle surprise!!!”. Inoltre nel film sono stati buttati dentro, come in un pentolone di zuppa sul fuoco, evidentissime scopiazzature citazioni di film cult del passato come Mad Max, Indiana Jones e non mancano ammiccamenti al genere western nelle scene dei duelli che vedono impegnato il giovane Han Solo, oltre alla scena della grande rapina al treno.


Tutto molto bello, ok, ma il film latita, non vi sono picchi emozionali che lo rendano indimenticabile, bensì tutto risulta fin troppo annacquato, trasparente, senza appeal. L’unica cosa difficile da mandare giù, e di questo sì, ce ne ricorderemo, è stata l’assoluta mancanza di un finale (ci sarà un sequel? Sì, no, forse, boh) e l’incomprensibile comparsa di un personaggio utile solo per far inumidire le parti basse dei fan della saga (compresi i libri e le serie animate) ma che alla maggior parte degli spettatori rende ancora più difficile la comprensione della storia che già prima non brillava di sicuro per scrittura e trasposizione su pellicola. Insomma, un grande “Meh” è quello che molti di noi hanno proferito borbottando all’uscita della sala, rispondendo alla domanda “Piaciuto?”. Probabilmente Solo – A Star Wars story è l’anello più debole di tutta la saga che è in procinto di sfornare il suo nono episodio e promette di continuare a “regalare” nuovi spin-off, a cominciare dall’annunciato film dedicato proprio a Lando Calrissian. La domanda è: ne varrà la pena?
Solo – A Star Wars story uscirà nelle sale italiane il 23 maggio 2018, distribuito da Walt Disney Studio Motion Pictures Italia.
Voto: 5.5
Luca Cardarelli








DOGMAN (2018) DI MATTEO GARRONE


Presentato in concorso al Festival di Cannes 2018 (e accolto in maniera molto positiva dalla critica) Dogman, il nuovo film diretto da Matteo Garrone (Gomorra, Reality e Il racconto dei Racconti), è tratto dai fatti risalenti al 1988 con al centro della scena il cosiddetto Canaro della Magliana, Pietro De Negri, nel film chiamato semplicemente Marcello, interpretato da Marcello Fonte, autore di efferati ed indicibili abusi e torture che portarono alla morte l’ex pugile dilettante Giancarlo Ricci, nel film chiamato Simoncino ed interpretato da Edoardo Pesce.


Iniziamo subito con il sottolineare che gli eventi dai quali ha preso spunto Matteo Garrone, che già per loro natura sono stati ricostruiti più volte da medici legali e autorità partendo dalle confessioni di De Negri, sono molto controversi e, forse per questo, risultano molto alterati nel film. Ma quello che preme analizzare è il film in sé, sia dal punto di vista tecnico che da quello emozionale. Non penso di esagerare se affermo sin da subito che Dogman è un capolavoro e, se non lo fosse, gli andrebbe comunque molto vicino. Innanzitutto mi aspettavo una pellicola dai contenuti molto forti, essendomi documentato - molto sommariamente - sulle vicende del “Canaro” - sì insomma, su wikipedia e youtube - ed in un certo senso è stato proprio così. Ma Garrone per fortuna non è Von Trier (a proposito, trepidante attesa per il suo nuovo film, The house that Jack built, anch’esso presentato a Cannes in questi giorni), e riesce nella difficile, per molti altri registi impossibile, impresa di lavorarti ai fianchi per tutta la durata della pellicola, per poi finirti con un gancio potentissimo al mento nella parte finale, dove alla violenza psicologica dovuta alla sua regia sublime, si aggiunge anche quella fisica portata dal racconto della tragica vicenda.


Un film senza colonna sonora e con dialoghi molto asciutti, dove però a suonare sono le immagini che dipingono con tinte neorealiste l’angosciante periferia romana che fa da cornice alla storia. Marcello è fondamentalmente un uomo buono, non uno stinco di santo, sia chiaro (è comunque un pregiudicato per reati minori oltre che cocainomane), che prova ad andare avanti con la sua attività di toelettatore per cani, ma vive in uno stato di continua vessazione per colpa di Simoncino, che si atteggia a boss di quartiere ottenendo sempre quello che vuole con le buone e, molto più spesso, con le cattive.


La bravura di Garrone è stata nel far emergere pian piano il lato “animalesco” di Marcello, caratterizzandolo in maniera sopraffina quasi esclusivamente mediante l’utilizzo di primi e primissimi piani intensissimi. Il film che ne viene fuori, nonostante le ambientazioni angoscianti, protagonisti brutti, sporchi, cattivi e molto borderline, nonché un plot essenziale, ai limiti del minimalismo, è comunque capace di mettere in subbuglio l’anima dello spettatore che rimarrà impietrito davanti al finale, non tanto per la crudezza delle immagini comunque sempre nei limiti della sopportabilità, quanto per gli sguardi allucinanti e allucinati catturati dalla macchina da presa, unico grande mezzo di comunicazione nelle mani di un sapiente quanto geniale manovratore qual è Matteo Garrone.


Qui si parla, quasi senza ombra di dubbio (perché comunque ci sarà anche chi non apprezzerà, teniamolo in conto) di uno dei migliori film italiani degli ultimi anni, se non il migliore, e non c’è Sorrentino che tenga.
Il film è in programmazione dal 17 maggio nei cinema italiani, distribuito da 01 Distribution in collaborazione con Rai Cinema.
Voto 9.5








giovedì 3 maggio 2018

GAME NIGHT – INDOVINA CHI MUORE STASERA? (2018) DI JOHN FRANCIS DALEY E JONATHAN M. GOLDSTEIN



In attesa del Festival di Cannes e dell’onda travolgente dei Blockbusteroni firmati Marvel – Studios/Disney (a partire da Avengers – Infinity War, passano per Solo – A Star Wars Story fino ad Ant-Man and The Wasp) porta un’autentica ventata di aria fresca Game Night – Indovina chi muore stasera? girato da John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein, già co-sceneggiatori del ridereccio Come ammazzare il capo e vivere felici per la regia di Seth Gordon, nonché co-registi e co-sceneggiatori del demenzialissimo Come ti rovino le vacanze.


Al centro delle scene abbiamo Max (Jason Bateman) e Annie (Rachel McAdams), una felice coppia che si diletta ad organizzare Serate gioco (Game Night, per l’appunto) con altre coppie di amici. Quando però spunta fuori Brooks (Kyle Chandler), il fratello figo di Max, succede di tutto e di più, e la serata gioco, organizzata da Brooks stesso con il supporto di un’agenzia specializzata, prende una piega inaspettata mettendo in pericolo l’incolumità di tutti i partecipanti.


Game Night ha tutti i numeri per entrare a far parte dei cosiddetti Guilty Pleasure, in quanto rappresenta la tipica commedia demenziale americana che, però, il duo di registi, con l’aiuto decisivo di Mark Perez (Spider-Man: Homecoming, sceneggiatura), hanno arricchito con elementi action/thriller senza strafare e senza mai uscire eccessivamente dal seminato, dando vita ad un film audace, dai tempi comici quasi perfetti e abbastanza sorprendente per quel che riguarda il finale, per nulla scontato.


I colpi di scena si susseguono dall’inizio alla fine, risate e suspense si alternano equamente per tutta la durata del film che risulta anche pregevole dal punto di vista tecnico, e, ciliegina sulla torta, si contano un gran numero di citazioni e battute sul mondo del cinema che rendono ancora più piacevole e scorrevole la visione del film.
Si segnala, inoltre, la partecipazione di un Jesse Plemons letteralmente da applausi nel ruolo di Gary, il vicino di casa poliziotto un po’ psyco e puntualmente escluso dalle Game Night organizzate da Max ed Annie sin da quando venne lasciato dalla moglie e che fa di tutto per rientrare nel gruppo.


Game Night ha ricevuto critiche molto positive in patria e, a quanto pare, anche in Italia sta riscuotendo un discreto successo, considerando che è uscito una settimana dopo Avengers: Infinity War che ha sbancato letteralmente i botteghini a nemmeno una settimana dall'entrata in programmazione. Se avete voglia di staccare un po’ la spina, godervi un film leggero e divertente e avete voglia di ridere (io, personalmente, ho riso fino alle lacrime), questo è il film che fa per voi.
Game Night è presente nelle sale italiane da Martedì 1 maggio, distribuito da Warner Bros, che si ringrazia per le immagini del film e per il trailer che trovate in calce.
Voto: 8.
Luca Cardarelli