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sabato 30 novembre 2013

THOR - THE DARK WORLD


Titolo originale: Thor - The dark world;
Anno: 2013;
Paese: USA/Islanda;
Durata: 112 min;
Genere: Cinecomic supereroistico;
Regia: Alan Taylor;
Cast: Chris Hemsworth/Thor; Antony Hopkins/Odino; Tom Hiddleston/Loki; Natalie Portman/Jane Foster; Cristopher Eccleston/Malekit; Kat Dennings/Darcy Lewis;
Voto: 6.

Trama: il dio del tuono questa volta è alle prese con Malekit, capo degli elfi oscuri, sconfitti millenni prima da Bor, padre di Odino: oggetto del contendere è l'Aether, fluido dotato di un potere enorme ma molto oscuro, che venne nascosto dallo stesso Bor nel mondo oscuro. 
Millenni dopo Jane Foster scopre, a Londra, un luogo in cui la gravità cessa di agire, viene risucchiata nel mondo oscuro e l'Aether penetra in lei, rendendola così un bersaglio appetitoso per chi si volesse impossessare del magico fluido (Malekit). Thor dunque va a recuperarla sulla terra per portarla ad Asgard. Gli elfi oscuri si destano e decidono di iniziare una guerra attraverso tutti i nove regni per far tornare a regnare l'oscurità. 


Eccoci al secondo capitolo della saga del dio del Tuono, incominciata con il film diretto da Branagh e proseguita da quello diretto da Taylor, salito agli onori della cronaca per la direzione di alcuni episodi delle serie TV "I Soprano" e "Il Trono di spade". Il film in se è divertente, vivace e contraddistinto da una bella fotografia fumettosa (mi ha ricordato a tratti quella adottata per "300" di Zack Snyder). La Marvel ci ha abituato alla spettacolarità dell'azione, e anche in Thor - The Dark World questo elemento non manca assolutamente. Diciamo che mi sento di promuovere il film, se non altro per il cast di alto livello (Hemsworth e Hiddleston su tutti, ma senza dimenticare Eccleston, Portman e Hopkins che se la sono cavata abbastanza bene anche loro).  Note di demerito: 
a) il solito, inadeguato, eccessivo numero di gag inserite per il volere della Disney, per smorzare i toni di una storia altrimenti degna del titolo "The Dark World". Si ride, e ho riso, mio malgrado, in media ogni 3 minuti soprattutto durante le scene che vedono impegnati insieme di due fratelloni Thor e Loki (grandioso Hiddleston, la vera star del film, anche se lo si vede relativamente poco durante tutto il film);
b) il modo in cui è stato portato in scena da Taylor Malekit, il Villain: battute che si contano sulle dita di una mano, per di più alcune delle quali pronunciate in una lingua che non esiste, sottotitolata, e numero limitatissimo di scene in cui compare il medesimo. Ciononostante Eccleston è riuscito  non sfigurare.
c) i soldati di Malekit sembravano usciti da una puntata dei Power Rangers, per come si muovevano e per come erano abbigliati e truccati. Si poteva fare decisamente di meglio, considerato il budget messo a disposizione per questo film;
d) la trama è a tratti confusa, ma è un dettaglio, visto che sono ben chiari sia il prologo (spiegone soporifero all'inizio del film) che l'obiettivo finale dei protagonisti. Ma in un cinecomic questo non è poi un così grande difetto, tutto sommato. 


Non mancano le scene "fan service" in cui spunta un personaggio che non ti aspetti proprio, o in cui Hemsworth fa sfoggio del fisico palestratissimo alimentando i sogni erotici del pubblico femminile (paraculi, direi io, quelli della Marvel-Disney). 
Infine devo sottolineare come, ancora, ci sia gente che non sa che i cinecomic della Marvel non finiscano mai col primo "nero", ma contengano almeno due scene nascoste dopo i titoli di coda. Proporrei ai gestori dei cinema di apporre un cartello di avviso fuori dalla sala.

martedì 26 novembre 2013

HOURS


Titolo originale: Hours;
Anno: 2013;
Paese: USA;
Genere: Drammatico/catastrofistico;
Durata: 100 min ca.
Regia: Eric Heisserer (anche sceneggiatore);
Cast: Paul Walker/Nolan; Genesis Rodriguez/Abigail; 
Voto: 7,5/10
Trama: New Orleans, 23 agosto 2005: Nolan e Abigail corrono in ospedale per l'imminente venuta alla luce della loro primogenita. Sfortunatamente la nascita della piccola coincide con la morte di Abigail. La bambina dovrà, inoltre, passare le prime 48 ore di vita con una flebo nel braccino nonchè attaccata ad un respiratore. Intanto, fuori, l'uragano Katrina travolge la città e Nolan si ritrova da solo nell'ospedale appena evacuato. 


Ero alla disperata ricerca di qualche film interessante da guardare quando mi sono imbattuto nel faccione di Paul Walker, che tutti abbiamo ammirato (per dire eh) nei panni di Brian O'Conner, protagonista insieme a Vin Diesel/Dom Toretto in "Fast and Furious". Ohibò, ho pensato. Così mi sono guardato questo "Hours", opera prima (come regia) di Eric Heisserer, già sceneggiatore del prequel, bruttino, de "La cosa" e del quinto episodio della saga di "Final Destination".


"Hours" è innanzitutto un "one man movie", cioè un film in cui, per quasi tutta la sua durata, è presente un solo personaggio. Quindi è un film che posso definire "a rischio cassa": o il ritmo è vivace o click, avanti il prossimo. Ebbene, il test "ritmo" è superato molto brillantemente, grazie all'abilità di Walker e anche grazie ad una sceneggiatura precisa e accurata in ogni dettaglio, che gioca con "la lotta contro il tempo" in modo da non far mai capire a chi guarda come andrà a finire. L'azione del protagonista è scandita da diversi tentativi di trovare una soluzione al suo problema che è, principalmente, quello di  non far spegnere tramite una carica manuale il respiratore artificiale che tiene in vita la bimba appena nata (la batteria, difettosa, ha inizialmente 3 minuti di autonomia, che man mano che passa il tempo diventano 2 minuti e 40, fino ad arrivare a 1 e 30). Ma poi sopraggiungono anche altri problemi, come le flebo che finiscono, il pannolino da cambiare, le scorte di cibo esaurite. Insomma una sfiga dietro l'altra. Walker  si dimostra un buon attore drammatico a dispetto di chi lo ricorda solo come un abile pilota automobilistico tamarro e monoespressivo. Apprezzabile anche il costante ping pong tra servizi telegiornalistici sull'uragano Katrina, conditi da immagini di repertorio autentiche, e l'uragano emozionale che vive il protagonista, sia nel presente, lì, da solo in uno stanzino di un ospedale vuoto e semiallagato, che nel passato, con continui flashback in cui ricorda le tappe principali della sua storia con Abigail, dal primo incontro, passando per la proposta di matrimonio, fino al concepimento della bimba e alla corsa in ospedale. Il tutto ci è presentato come un tentativo da parte di Nolan per far sapere alla bimba chi era sua mamma (anche appoggiandole delle foto sull'incubatrice), e colmare così una lacuna pesantissima nella sua vita futura.


Non mancano nemmeno i colpi di scena sul finire del film, ma non spoilero per chi se lo volesse gustare appieno, magari dopo aver letto questa mia recensioncina. 
Un film, Hours che i sento di consigliare, che mi ha emozionato e inquadra bene il dramma di un amore perso, la speranza di un amore futuro e la lotta per la sopravvivenza, a tutti i costi.


lunedì 25 novembre 2013

MACHETE KILLS



Titolo originale: Machete kills;
Anno: 2013;
Durata: 118 min;
Genere: Commedia/exploitation/splatter/azione/parodistico/fantascienza/comefosseantani...
Regia: Robert Rodriguez;
Cast: Danny Trejo/Machete Cortez; Amber Heard/Miss San Antonio; Michelle Rodriguez/She; Carlos Estevez/presidentedeglistatiunitidamerica; Demian Bichir Najera/Mendez; Cuba Gooding Jr.-Lady Gaga (Le Chameleon) - Antonio Banderas - Walton Goggings/El Chamaleon; Mel Gibson/Luthor Voz; Demian Bichir/Mendez; Sofia Vergara/Madame Desdemona.
Voto: 8/10 (livello ignoranza superpower). 


Trama: Machete viene assoldato dal presidentedeglistatiunitidamerica per impedire a Mendez, malato di sdoppiamento della personalità (buono/cattivo), di far partire un missile puntato contro la casa bianca collegato con il suo cuore (se il cuore smette di battere, si innesca il missile).


Quando si ha a che fare con Robert Rodriguez e con i suoi film (tra i quali Dal Tramonto all'Alba, Planet Terror, Machete) la difficoltà nello scrivere una recensione è molto alta. Perchè Machete kills è la parodia di se stesso. Tutto è esagerato all'ennesima potenza, dai dialoghi grotteschi, alle scene in cui vi sono sparatorie, alle scene di sesso. Non lo si può prendere seriamente. Il film, a livello di trama è molto semplice. Ma chi guarda un film di Rodriguez, della trama, non gliene importa un fico secco. Come per il recente "Pacific Rim" di Del Toro in cui l'importante era vedere i robottoni che facevano il culo agli alieni, nel film dell'amichetto di Tarantino l'importante era vedere Machete smaciullare chicchessia. E così è "Machete Kills". La stragrande maggioranza di quelli che l'hanno visto ha gradito, eccome. Un po' di sana ignoranza, nel cinema, non ha mai fatto male a nessuno. E Machete Kills, nella sua immensa ignoranza, è un capolavoro. I dialoghi, sempre portati al massimo della tamarraggine (e talvolta degni di una puntata di un anime mecha a caso) da qualsivoglia personaggio, fanno sì che le altrettanto ridicole e spericolate "evoluzioni" dei protagonisti (tipo Machete a cavallo di un missile) e gli effetti speciali, anch'essi volutamente "spicci", risultino divertenti ed appassionanti. Perchè il tutto porta lo spettatore a pensarla come Rodriguez: "più è tamarro, più piace". Più piace, più diventa tamarro, fino alla conclusione che penso sia l'apice del culmine della tamarraggine galattica (scena post titoli di coda inclusa). Questo è il cinema che piace a R.R., fatto di arti mozzati, esplosioni, colori supersgargianti sia per quanto riguarda la fotografia che per i costumi, polpa di pomodoro a fiumi, parolacce e gag comiche o tendenti decisamente al comico e citazionismo spinto che si trasforma quasi sempre in parodia. 


Per quel che riguarda il cast, i personaggi principali sono sempre Machete e Luz (più il pazzo Mendez, interpretato da Demian Bichir Najera, già visto nella serie "The Bridge") , attorno ai quali girano una serie di superstar del cinema e della musica come Cuba Gooding Jr, Lady Gaga, Antonio Banderas e Mel Gibson, in parti molto limitate (poco più che dei "Cammeo"), seppur importanti ai fini della trama. Si è notato molto bene come gli stessi si siano divertiti a non prendersi sul serio, offrendo il fianco alle pugnalate artistiche di Rodriguez e della sua banda di pazzi. Danny Trejo è il solito roccioso vecchio, dalle battute stringate, ma efficacissime (Machete non twitta, Machete vuole bene a tutti, Machete qua e Machete là) e dalla passione per le armi da taglio, preferite a pistole e fucili. E poi ci sono le solite "bonazze" Tex-Mex (Sofia Vergara e le sue soldatesse) che vanno sempre bene.


Applauso per la scena di sesso "censurata" con la sovrimpressione "indossate i vostri occhiali 3D" (simpaticissima critica alla tecnologia che avanza). 

domenica 17 novembre 2013

THE CANYONS


Lo so, avrei dovuto scrivere la recensione di questo film che ho appena guardato. Ma non ce la faccio. Il film durava 99 minuti (titoli di coda compresi). La prima cosa degna di nota succede al minuto 92. Per il resto mi è sembrata la trasposizione cinematografica di un romanzo alla "50 sfumature di grigio" e, tra l'altro, mi pare di aver sentito in un'intervista su "Coming Soon" che il personaggio principale si chiami Christian proprio in onore, e che onore, del protagonista del romanzo di cui sopra. Bene penso di aver sprecato anche troppo tempo su questa pellicola. Alla prossima.  

QUESTIONE DI TEMPO


Titolo originale: About time;
Anno: 2013;
Paese: UK;
Durata: 115 min.
Genere: Drammatico/sentimentale/fantascienza;
Regia: Richard Curtis;
Cast: Domnhall Gleeson/Tim; Rachel McAdams/Mary; Bill Nighy/Padre di Tim;
Voto: 6/10

Trama: Tim è un giovanotto che abita in Cornovaglia insieme alla sua famigliola felice. Allo scoccare dei 21 anni il padre gli rivela che tutti gli uomini appartenenti alla famiglia hanno un dono: possono viaggiare nel tempo, ma solo a ritroso. Il primo pensiero che viene in mente a Tim, abbastanza sfigatello con il gentil sesso, è quello di poter finalmente trovare la donna della sua vita. Dopo qualche tentativo sfortunato, incontra Mary.


Finalmente sono riuscito a vedere questo film, di cui avevo sentito parlare molto bene. 
La storia d'amore tra Tim e Mary è molto "mainstream" per non dire "Straight edge" (si incontrano, si piacciono, si fidanzano, si sposano, hanno dei bambini) senza eccessivi colpi di scena o litgi o consueti tiraemolla delle storie d'amore che spesso vediamo nei film cosiddetti "sentimentali". La particolarità del film starebbe nel fatto che il protagonista può rimediare a situazioni "sfortunate" andando indietro nel tempo, ma non è la cosa più originale di questo mondo, dato che abbiamo tanto di trilogia di "Ritorno al Futuro" o "The Butterfly effect" che trattano lo stesso argomento, per altro esaurientemente. E allora vi chiederete per quale motivo vi consiglio la visione di questo film? Beh, non saprei, non saprei proprio, anzi, potete benissimo bypassarlo a meno che non vogliate vederlo per verificare che quelle che sto scrivendo non siano ignobili fandonie. Avrei dovuto cercare una qualche morale, tipo: per quanto tu riesca a rendere perfetto qualcosa aggiustandolo a tuo piacimento rivivendo lo stesso momento più volte, alcune cose non le potrai mai modificare, o meglio, ci sarà sempre qualcos'altro che dovrai sistemare per colpa del cosiddetto "effetto farfalla". Ma questo è lo stesso identico messaggio che scaturisce, appunto, da "The Butterfly effect". L'unica cosa che salvo è il modo in cui il regista (che ci aveva già deliziato con il natalizio evergreen "Love Actually") ci presenta il rapporto tra Tim e il padre, con il quale egli può confidarsi, e grazie al quale capirà cosa è veramente importante nella vita: che talvolta bisogna fare scelte anche dolorose e che, potendo, bisogna vivere due volte lo stesso giorno, per non perdersi il bello delle piccole cose che altrimenti non noteremmo vivendo in preda alle preoccupazioni quotidiane (poteva comunque essere maggiormente approfondito almeno quest'ultimo punto). Insomma nulla di nuovo, tutto già visto. Certo, l'ambientazione della Cornovaglia e dei sobborghi di Londra rende il pacchetto più grazioso e la storia, per come è stata messa in scena, è abbastanza commovente e in parte drammatica e strappalacrime. Pensavo però, prima di vedere "Questione di tempo", che i veri protagonisti fossero i due innamorati, e invece la vicenda si incentra molto di più sull'amore per la famiglia di Tim (padre, madre, sorella alcolizzata ma riportata sulla retta via grazie al "dono") , piuttosto che la storia d'amore enfatizzata dalla  locandina ingannevole tra Tim e Mary (una Rachel McAdams un po' emarginata dalla storia).


Un film ben girato, che non mi ha annoiato ma che, tuttavia, mi ha lasciato abbastanza indifferente. Una sufficienza stiracchiata sento di dargliela comunque, se non altro perchè mi è sempre piaciuto il concetto di "viaggio nel tempo". 

venerdì 15 novembre 2013

PRISONERS


Titolo originale: Prisoners;
Anno: 2013;
Paese: USA
Durata: 156 min.;
Genere: Thriller;
Regia: Denis Villeneuve;
Cast: Hugh Jackman/Keller Dover; Jake Gyllenhaal/Detective Lockee; Paul Dano/Alex jones; Melissa Leo/Holly Jones; Terrence Howard/Franklin Birch;
Voto: 7/10
Trama: Giorno del ringraziamento: le figlie di Keller Dover e Franklin Birch scompaiono misteriosamente dopo pranzo, mentre giocavano nel giardino davanti a casa Birch. Iniziano le ricerche ad opera degli stessi Birch e Dover, e della polizia, le cui operazioni sono capitanate dal Detective Lockee. Tutti i sospetti ricadono su Alex Jones, trovato dalla polizia su un camper che era parcheggiato davanti a casa Birch poco prima che le bambine sparissero. Ma Jones viene rilasciato poco dopo per mancanza di prove. All'uscita dalla Centrale Jones, accompagnato dalla madre adottiva con la quale vive, viene rapito da Keller Dover il quale lo tiene  prigioniero per estorcergli informazioni sul luogo in cui si trovano le due bambine.


Premettendo che ormai stupire il pubblico è diventato estremamente difficile, soprattutto quando si tratta di Thriller, Prisoners è stata una bella rivelazione. Non siamo di fronte ad un capolavoro, certo, ma comunque un buon film (rarità in questo periodo) che, a dispetto delle 2 ore e mezza di durata, non presenta alcun tempo morto, facendo rimanere incollati allo schermo gli occhi di chi guarda per tutti i 156 minuti  (e, per una volta, ringrazio la multisala per non aver interrotto la proiezione con l'odioso intervallo tra due tempi).


I ritmi sono serrati dall'inizio alla fine, i personaggi principali sono ben tratteggiati dal regista e i twist, seppur abbastanza prevedibili, sono stati messi in scena molto bene. Lo stile del film mi ha ricordato "Il cacciatore di donne", di natura però diversa, in quanto Prisoners non è tratto da storia vera. Finalmente posso sostenere che Gyllenhaal abbia offerto una buona prestazione attoriale, agevolato forse dal ruolo che gli permetteva di spaziare tra il "Donnie Darko" dallo sguardo alienato al giornalista interpretato in "Zodiac", pronto a raccogliere qualsiasi dettaglio per giungere alla soluzione del caso. Hugh Jackman, toltosi di dosso (ma poi nemmeno più di tanto) i panni di "Wolverine", appare come un bravo padre di famiglia tutto "caccia e chiesa" che perde il lume della ragione, confermando la regola secondo la quale un buono, se fatto incazzare, risulta più pericoloso di un delinquente psicopatico. Peccato solo che il colpevole del rapimento venga smascherato molto in anticipo rispetto alla fine del film (e se ci sono riuscito io, vuol dire che era veramente facile individuarlo per chiunque) . Ma la suspence non viene meno, anzi, man mano che il film volge al termine sale sempre di più. E il  merito va attribuito in parti uguali a regia e sceneggiatura. Per il resto pochi fronzoli, colonna sonora praticamente inesistente e storia parecchio angosciante. 




lunedì 11 novembre 2013

AUGURI LEO.



Tanti auguri Mr. Di Caprio! 39 anni, 25 film all'attivo, entrato nelle grazie di Registi del calibro di Spielberg, Scorsese e Tarantino:  un attore talmente poliedrico e "capace", che non riesco a spiegarmi come diavolo possa non aver ancora vinto un Oscar. Sarà forse la sua faccia, a dispetto dell'età, ancora da "ragazzino" ad influenzare le giurie dell'Academy. Non so. L'importante è che lui ci sia e che continui sulla sua strada. Prima o poi i riconoscimenti arriveranno.


Ma il premio più importante resta, comunque, l'apprezzamento del pubblico, quello che paga il biglietto, quello "vero". Io sono cresciuto con lui, dai tempi di "Genitori in Blue Jeans", passando per "Buon Compleanno Mr. Grape", "Romeo + Giulietta", "Titanic", fino ad arrivare a filmoni come "Prova a Prendermi", "The Departed", "Inception", "Django Unchained" e "Il Grande Gatsby". E sono in fremente attesa di "The Wolf of Wall Street", film in cui farà coppia nientepopodimenoche con Robert De Niro... Tanti auguri Leo.