Visualizzazioni totali

Sezioni

venerdì 2 maggio 2014

ALABAMA MONROE - UNA STORIA D'AMORE: un cerchio pieno di spigoli


 

Questa recensione in anteprima è pubblicata anche sul Blog dell'amica Emanuela Theoscarface con cui collaboro. 
Descrivere Alabama Monroe - Una storia d'amore può risultare, apparentemente, molto facile: è un film sull'amore e sulla morte. La pellicola, che vede come protagonisti assoluti Didier (Johan Heldenbergh, che già compare in altri due film del regista) ed Elise (Veerle Baetens), ci presenta, in realtà, un variopinto quadro composto da temi importanti quali la famiglia e la religione mescolati con altri altrettanto importanti come l'etica e la ricerca scientifica, con un sottofondo di musica Bluegrass (l'essenza del Country) che amalgama il tutto in un armonico impasto. Il belga Felix Van Groeningen, regista nonché sceneggiatore insieme a Carl Joos, appoggiandosi alla pièce teatrale scritta dallo stesso Johan Heldenbergh, ha dipinto con maestria e dovizia di particolari la storia d'amore tra la tatuatrice Elise ed il musicista Didier, dalla genesi all'inevitabile fine. I continui flashback e flashforward sono alternati anche a livello di emozioni (i primi raccontano la felicità, i secondi la tristezza) e il film scorre lungo le note continue di musica Bluegrass che funge da perfetto involucro alle vicende narrate: un velo superficiale di allegria che cela sotto di sé infelicità, tristezza e malinconia.


Candidato all'Oscar come miglior film straniero (poi andato alla Grande Bellezza di Sorrentino) The broken circle breakdown (questo il titolo originale) è una pellicola molto particolare, molto ben realizzata, il cui fine è la riflessione sul modo in cui vadano affrontati problemi delicati come, ad esempio, lo spiegare che ne sarà di noi ad una bambina che, seppur piccola, è consapevole della propria malattia che la porterà, presto o tardi, alla morte. Van Groeninghen, a nostro avviso, affronta questa tematica in maniera molto saggia e delicata, senza scadere mai nel banale o nel già visto, ma con l'animo di un genitore: Didier, ateo, vorrebbe (ma non può) spiegare alla figlia che dopo non c'è niente, solo buio e vuoto,  ma preferisce lasciarla libera di credere ciò che vuole. 
E poi c'è l'America: Didier ama l'America, il luogo dove tutti hanno una possibilità, il luogo dove la sua più grande passione (la musica Bluegrass) è nata. Ma, sempre sul binario dei contrasti di cui è pieno il film, arriva ad odiarla con tutto se stesso una volta che la figlioletta muore perché la scienza non è avanzata al punto di farla guarire, prendendosela, a torto o a ragione (non saremo noi di sicuro a stabilirlo) con chi, per motivi etici, o meglio, religiosi, non ha permesso, o ha rallentato sensibilmente, il cammino della ricerca, pur consentendo senza porre freni l'evoluzione tecnologica nella produzione di armi da impiegare nelle guerre.


Infine, ennesimo contrasto evidenziato in Alabama Monroe, è quello che viene a crearsi tra i due protagonisti: Didier fa della disillusione e di un certo materialismo il suo marchio di fabbrica, mentre Elise è molto più spirituale e sognatrice. E questa divergenza, che la morte della piccola Maybelle ha reso insanabile, porterà alla separazione tra i due. Separazione dolorosa e tragica, come del resto lo è la perdita di una figlia per i genitori. Scopriremo poi, alla fine, che un po' dell'animo di Didier è penetrato in Elise e viceversa, anche grazie al consueto gioco di contrasti cui sembra così affezionato Van Groeningen.
Un ottimo film in sostanza, caratterizzato da una sceneggiatura molto accurata ed una colonna sonora eccezionale (soprattutto per i cultori del genere Country). Un film che pugnala al cuore lo spettatore, non solo sul finale, ma per tutte le sue quasi due ore di durata. Appare quindi giustificatissima la sua candidatura agli ultimi Academy Awards, ma sono altrettanto palesi i motivi per i quali non si sia aggiudicato l'ambita statuetta, rappresentando una feroce critica al mondo a stelle e strisce, anch'esso pieno di contrasti e contraddizioni che tanto lo fanno amare quanto odiare. 

9 commenti:

  1. con tutto il rispetto per sorrentino, il mio personale oscar per il miglior film straniero dell'anno.
    che poi, pur essendo una pellicola belga, profuma di america più di molti film a stelle e strisce...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il motivo per cui non è stato premiato secondo me è la scena in cui sbrocca Didier con Bush in TV... E anche quando risbrocca durante il concerto...
      L'oscar lo meritava eccome...

      Elimina
  2. Boh, probabilmente sono io che non l'ho capito... a me è parso terribile. Una squallida speculazione del dolore e dei sentimenti, oltre che una clamorosa fotocopia di un bel film francese di un paio d'anni fa: si chiamava 'La guerra è dichiarata'. Solo che, quello sì, era un capolavoro.

    RispondiElimina
  3. un film che mi ha commossa parecchio, grandissimo, nient'altro da dire :)

    RispondiElimina
  4. Devo ancora metabolizzarlo. Al momento per una piccola parte l'ho detestato, mentre per un'altra amato alla follia!

    RispondiElimina
  5. Ho avuto bisogno di due visioni di questo film, io...

    RispondiElimina