Questa recensione è pubblicata anche sul blog Theoscarface dell'amica Emanuela, con la quale collaboro.
Ci sono film destinati ad essere dimenticati, e poi ci sono film che invece, sin dal primo fotogramma, sono destinati a rimanerti impressi nell'anima e nel cervello come il marchio a fuoco che si pratica sui cavalli. Posh, l'adattamento cinematografico della Piece teatrale di Laura Wade, diretto dalla cineasta danese Lone Scherfig (An Education) è uno dei film appartenenti alla seconda categoria.
Un gruppo di ragazzi provenienti da famiglie "bene", o addirittura di "alto lignaggio", studenti della più prestigiosa Università del mondo, Oxford, si radunano in un club che non è la classica confraternita che siamo stati abituati a vedere nei "College movies" americani come Animal House o il recentissimo Bad Neighbors. Qui si tratta di una vera e propria Lobby, quasi una setta segreta, i cui appartenenti si distinguono per meriti sia scolastici che di estrazione sociale: il Riot Club, fondato sulla fine diciottesimo secolo da Lord Riot (nomen omen, è proprio il caso di sottolinearlo). Regole del Riot Club: non parlarne con chi non può e non deve farne parte; drogarsi e ubriacarsi fino, quasi, alla morte. Sesso selvaggio e promiscuo. Caciara. Zero rispetto per il ceto popolare medio. E' così che va. E' cosi che si deve fare. E' il Riot Club, bellezza.
Protetti dall'aura impenetrabile del loro storico club i 10 ragazzotti di buona, buonissima famiglia ne combinano di ogni, fino ad arrivare al punto di non ritorno: la cena che inaugura il nuovo anno accademico. 8 membri storici e 2 "novellini" in un modesto risto-pub della campagna inglese (perchè banditi in tutti gli altri posti più vicini ad Oxford) il cui proprietario fa di tutto per soddisfare le loro bizzarre richieste. Ed è qui che assistiamo ad una delle più brutali scene di violenza "da branco" sin dai tempi, forse, di Arancia Meccanica nella visita che i Drughi fanno allo scrittore e alla sua gentil Signora. Il Motivo: "tanto abbiamo i soldi per permetterti di pagare i danni".
Il Club ci viene dipinto da Lone Schergig come una sorta di preparazione alla vita che affronteranno una volta fuori da Oxford i 10 rampolli protagonisti. Ed è brava la Scherfig a contrapporre questi dieci rampolli alle persone "normali", identificate per l'occasione dall'oste e da Lauren (Holliday Grainger), che incrocerà, anche se per poco, il proprio cuore con Miles (Max Irons), forse il più "normale" tra i dieci viziatelli.
Un film duro che cela quella rassegnazione che proviamo noi comuni mortali quando abbiamo a che fare con chi vive nel lusso non curandosi della società che gli sta intorno. Sono loro, i Posh, l'eccezione, ma vivono pensando di essere la regola. Il finale, poi, è l'esaltazione del senso di rassegnazione sopra accennato. Così va la vita. C'è chi, nonostante tutto, conserverà sempre, qualunque cosa combini, un posto in prima fila.
sembra un film di quelli che potrebbero piacermi parecchio...
RispondiEliminaPuò piacere sia al pubblico "cannibalesco" che a quello "Fordiano". Io l'ho trovato molto bello e allo stesso tempo molto "pesante" (in senso buono).
RispondiEliminaPensavo ad una clamorosa teen-idiozia, magari una nuova versione de "I teschi", invece a quanto pare è una bella sorpresa...
RispondiEliminaGuardalo perchè merita.
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