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mercoledì 25 aprile 2018

AVENGERS: INFINITY WAR (2018) DI ANTHONY E JOE RUSSO [NO SPOILER]


Dopo dieci anni di film stand-alone sui vari super eroi, intervallati da altri corali proposti dai Marvel Studios sotto l’egida della Disney, ecco che siamo arrivati al rush finale della cosiddetta Fase 3 del Marvel Cinematic Universe che vedrà, nell’ordine, susseguirsi dopo il film di cui tra poche righe vi parlerò, Ant-Man and The Wasp, Captain Marvel e Avengers 4 (ancora non è dato saperne il titolo definitivo).


Dopo gli eventi narrati in Captain America – Civil War e Thor – Ragnarok, gli Avengers ufficialmente non esistono più, ma continuano ad essere “operativi” perché consapevoli che la minaccia portata da Thanos, in cerca delle sei Gemme dell’infinito grazie alle quali assumerebbe pieni poteri su tutto l’Universo, è sempre più vicina. E infatti, dopo brevi apparizioni negli episodi precedenti, soprattutto nelle scene post credit, ecco spuntare fuori questo gigante dalla pelle violacea con il suo bel guantone pronto ad accogliere tutte le Gemme ancora nascoste. Ed é subito guerra, morte, distruzione, ma anche l’occasione per riunire il gruppo originario degli Avengers con delle belle e succulente New Entry (Guardiani della Galassia e Black Panther, sopra tutti). Ci sono proprio tutti, ad eccezione di una o due figure le cui assenze, comunque, erano state ampiamente preannunciate.


Ci si aspettava molto da questo terzo capitolo dei Vendicatori Marvel, qualcuno pensava che ci si stesse aspettando anche troppo, ma al netto della visione del film, posso garantirvi che questo film dà, possibilmente, anche qualcosa di più rispetto a quanto previsto.
Io, personalmente, mi aspettavo di capirci poco e niente a causa dell’eccessivo numero di personaggi sulla scena. Invece devo ammettere che i Fratelli Russo hanno davvero fatto un super lavoro, non facendo assolutamente pesare questo dettaglio sul film che, inoltre, non presenta particolari falle a livello di sceneggiatura e non genera domande del tipo “Ma che fine ha fatto quello? Ma come mai succede questo?” e riesce a tenere un’andatura costante e un ritmo elevato per quasi tutta la sua durata, con picchi di epicità mai visti in un film Marvel, se non forse in Captain America: Winter Soldier e nel primo Avengers durante la Battaglia di New York. In particolare ciò che più mi ha colpito è l’atmosfera che si respira a pieni polmoni in questo film. Un’atmosfera cupa, drammatica, fatta di cieli plumbei e volti pieni di dolore e angoscia. Quasi una novità per l’Universo Cinematografico Marvel


Certo, le battutine e le gag sono presenti, ma non stonano mai e non risultano mai stucchevoli, e comunque hanno quasi tutte un retrogusto amaro, come se fossero marchiate dal senso di rassegnazione che appesantisce il cuore e l’anima di svariati personaggi che animano le scene.
Inoltre, altro elemento che evidenzia il cambio di passo rispetto ai precedenti capitoli del MCU, abbiamo finalmente un Villain che é un VERO Villain. Thanos é qualcosa di superbo, sia a livello visivo che per quanto riguarda l’approfondimento psicologico. Niente a che vedere con i “Cattivi” che lo hanno preceduto. Thanos è un cattivo veramente cattivo, ma la sua cattiveria è ampiamente spiegata, quasi giustificata dagli eventi. Thanos è il vero fiore all’occhiello di Infinity War.


Le domande che tutti si ponevano prima dell’uscita di questo epico Avengers Infinity War hanno tutte una risposta, e non mancheranno le sorprese. I momenti lacrimogeni e quelli da pelle d’oca sono sparsi in tutta la pellicola, ma non anticipo di più, perché non voglio rovinarvi l’esperienza di trovarvi di fronte a qualcosa di veramente potente, sia per gli occhi (Effetti speciali straordinari) che per le orecchie (colonna sonora curata da Alan Silvestri, magnifica, finalmente!), ma soprattutto per il cuore. Come al solito, non dovete assolutamente muovervi dalla poltrona durante i titoli di coda. 
Avengers: Infinity War è al cinema da oggi, distribuito da Disney, e non dovete perdervelo per nessun motivo al mondo. Consigliato in IMAX o in Sala Energia presso il Cinema Arcadia di Melzo (MI).
Voto: 9.
Luca Cardarelli


martedì 24 aprile 2018

LORO 1 (2018) DI PAOLO SORRENTINO


Dopo mesi di chiacchiere da bar sul “film di Sorrentino su Berlusconi”, finalmente abbiamo avuto l’opportunità di tastare con occhio questo LORO, sebbene il cineasta partenopeo, non si sa bene se consigliato da qualcuno o in maniera autonoma, abbia deciso di rilasciare la sua ultima opera divisa in due capitoli. Ma tralasciando le questioni secondarie, proviamo ad addentrarci in maniera più approfondita in quello che tutti pensavano fosse un Biopic in stile “Il Divo” sull’uomo italiano che più ha fatto parlare di sé negli ultimi trent’anni, e che invece, come Sorrentino stesso ci anticipa nelle sue note di regia, è solo un’opera di finzione, in costume, che narra di fatti verosimili o inventati, in Italia, tra il 2006 e il 2010. Affermazione che suona come una bella presa per il naso, se pensiamo che durante il film si odono per esteso, e assolutamente non bisbigliati, nomi e cognomi per nulla inventati, a partire dal protagonista Silvio Berlusconi, fino ad arrivare alla celeberrima Noemi Letizia, ovvero quella che lo chiamava “Papi”.


In soldoni, la trama ha come personaggio più in vista Sergio Morra (Riccardo Scamarcio), che, al contrario del padre imprenditore, onestissimo, cerca di farsi largo, anche con l’aiuto della moglie Tamara (Euridice Axen), che si "lavora" un ministro, Santino Recchia, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, nel mondo che conta corrompendo persone di potere con cocaina e donne di facili costumi, con l’obiettivo di arrivare a “Lui” (“ma Lui chi?” “Eh, LUI, LUI!!!”). L’occasione si presenta quando entra in contatto con Kira (Kasia Smutniak) un’altra figura che ha fatto del “self made myself” il suo marchio di fabbrica, la quale lo aiuta ad organizzare un megaparty in una villa in Costa Smeralda, proprio di fronte a quella in cui passa le sue vacanze Lui (Ma LUI LUI? Sì, proprio LUI).


Sorrentino la prende molto alla larga: di Berlusconi, almeno nella prima parte, non vi è traccia se non nell’ultima mezz’ora (ma ricordiamolo, questa è solo la prima parte e chi scrive è convinto che il film andrebbe visto per intero per esprimere un giudizio più approfondito) e, come nella realtà, ruba la scena a tutti. A dire la verità la sua presenza si avverte anche nella prima ora: a parte i dialoghi in cui si fa riferimento a LUI, le atmosfere, i personaggi, le storie di questi rimandano tutti, inevitabilmente, alla figura del magnate brianzolo, imprenditore edile prima, e padrone di televisioni e squadre di calcio poi, fino a diventare il centro umano della politica italiana. Potremmo definirlo, per come lo descrive Sorrentino e, forse, anche per come stanno realmente le cose qui in Italia, colui intorno al quale ruota tutto, come un centro di gravità per la vita sociale e politica del nostro martoriato paese.


Riassumendo, prendete “Loro” come un “Bastardi senza gloria” in salsa tricolore. Sorrentino rappresenta Berlusconi e chi gli girava e gli gira tuttora attorno come Tarantino rappresentò Hitler e la sua cricca, ovviamente tenendo conto dei rispettivi stili autoriali, completamente diversi tra loro.
Se vi aspettate un “Divo 2” siete completamente fuori strada. Bisogna tener conto che, tuttavia, la seconda parte del film potrebbe demolire o, al contrario, rafforzare questa tesi e quella secondo la quale il film debba essere preso come un’opera di fantasia nella quale ogni riferimento a fatti realmente accaduti e a persone realmente esistenti è puramente casuale (così è scritto sulla schermata iniziale, seguita dal primo piano di una pecora... ma questa è un’altra storia).


Nonostante tutto, soprattutto sorvolando sul “brianzoletano”, ovvero la lingua che parla Toni Servillo interpretando Berlusconi, Sorrentino, quantomeno con questa prima parte, ha messo su un film divertente ma anche molto riflessivo su quello che è la società politica e mondana (e talvolta queste coincidono) del paese. Quindi ci sentiamo di promuoverlo, con riserva dovuta all’arrivo della seconda parte nelle prossime settimane. 
Loro 1 sarà nelle sale da oggi, 24 aprile, distribuito da Universal.
Voto: 7 (?)
Luca Cardarelli


giovedì 12 aprile 2018

RAMPAGE - FURIA ANIMALE (2018) DI BRAD PEYTON


“Monster Movies, Monster Movies dappertutto!” verrebbe da esclamare. In effetti, per quanto riguarda il cinema di puro intrattenimento, questo genere di film sta tornando fortemente alla ribalta ed è possibile anche ipotizzare che scalzerà dal gradino più alto del podio dei box office i cinecomics che al momento la fanno da padrone tra i blockbuster.
Dopo i vari Godzilla, Pacific Rim, Kong - Skull Island ecco che arriva Rampage – Furia animale, tratto dall’omonimo videogioco e diretto da quel Brad Peyton che tutti ricordiamo per San Andreas, un Apocalyptic Movie in cui dominavano i “Maccosa???” per le insensate quanto audaci azioni intraprese dal magnifico due Dwayne johnson e Alexandra D’Addario e, nello stesso momento i “Wow!!!” per le scene catastrofiche di Tsunami e crolli di grattacieli veramente ben curate e di forte impatto su folte schiere di spettatori mangia popcorn (di cui chi scrive fa orgogliosamente parte).


Insieme al sopracitato Peyton troviamo quello che potremmo definire il suo attore feticcio, ovvero Dwayne Johnson, per gli amici The Rock, che interpreta Davis Okoye, primatologo che ha stretto con George, un gorilla albino superintelligente, un rapporto fraterno, tanto da comunicare con lui attraverso il linguaggio dei segni. Ma dopo essere entrato in contatto con una sostanza frutto di un esperimento di editing genetico, precipitata sulla Terra da un modulo spaziale esploso in orbita, George inizia a crescere a dismisura e diventa sempre più aggressivo. Insieme al Gorilla, a minacciare l’umanità troveremo anche un lupo ed un coccodrillo, entrati in contatto anch’essi con la stessa sostanza. Davis dovrà, con l’aiuto di Kate Caldwell (Naomie Harris), ingegnere genetico che lavorava per la multinazionale che ha finanziato gli esperimenti, trovare l’antidoto per riportare George al suo stato normale e combattere con ogni mezzo le altre due mostruose bestie.


In Rampage – Furia animale c’è un po’ di tutto: azione (a pacchi), siparietti comici (alcuni al limite dell’esilarante), scene apocalittiche ed ecologismo (forse qui potevano fare qualcosa di più, o forse anche meno, trattandosi di un film in cui ad un certo punto un gorilla gigante riempie di mazzate un lupo volante). Prima della visione del film ci si aspettava il peggio, ma sopravviveva in noi la speranza che qualcosa di buono potesse finalmente venir fuori da quella polveriera cinematografica chiamata Warner Bros. Ora che il film è stato visto, possiamo benissimo affermare che sì, qualcosa di buono ne è uscito. Dal punto di vista tecnico-grafico non vi sono appunti da fare, anzi, rispetto altri film con budget ben al di sopra di quello a disposizione di Peyton, ad esempio Justice League (per rimanere in casa Warner) o Pacific Rim – la Rivolta (bussando ai vicini di casa della Universal), Rampage è sicuramente superiore, in quanto non si ha mai la sensazione di “posticcio” che si aveva, invece, numerose volte durante la visione degli altri due film (in particolare Justice League, rivisto in bluray, è qualcosa di agghiacciante, soprattutto per quanto riguarda i green screen presenti). Inoltre non vi sono enormi falle nella sceneggiatura, se non una che riguarda i due stagisti al seguito di Davis Okoye che ad un certo punto spariranno dalle scene senza spiegazioni e non faranno più ritorno ma, tutto sommato, non è che avessero un ruolo così fondamentale nel film.


Forse, se proprio vogliamo essere pignoli, vi è una parte centrale del film alquanto statica, per non dire noiosetta, ma il film si riprende alla grande nella parte finale, in particolare nella mezz’ora che precedono i titoli di coda, durante la quale assistiamo a una lotta uomo vs bestia e poi bestia vs bestie senza esclusioni di colpi, talmente adrenaliniche da strappare anche qualche applauso dovuto alla trance agonistica del momento (non si fanno nomi di chi ha applaudito veramente in sala durante la proiezione).


Nel cast, oltre ai citati Dwayne Johnson e Naomie Harris, spiccano i nomi di Jeffrey Dean Morgan (che fu, nell’ordine, il Comico di Watchmen, Negan in The Walking Dead e Thomas Wayne in Batman V Superman – Dawn of justice), Joe Manganiello (il futuro Deathstroke, presentato in una delle scene post-credit di Justice League),


Malin Åkerman (anch’ella presente in Wachmen, nei panni di Spettro di Seta II) e il simpatico P.J. Byrne che, in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, interpretava Nicky “Tappetino” Koskoff. Insomma un cast di tutto rispetto per un film che, al contrario di molti altri suoi “omologhi”, mantiene tutte le promesse fatte in fase di promozione. Sicuramente stiamo parlando del miglior film tratto da un videogioco visto finora (non che fosse un’impresa ardua, data la pochezza dei precedenti).
Rampage – Furia animale sarà nelle sale italiane a partire dal 12 aprile 2018, distribuito da Warner Bros, e il mio consiglio è, se amate i monster movies, ma quelli belli, di non farvelo scappare.
Voto 8,5.
Luca Cardarelli


martedì 3 aprile 2018

NELLA TANA DEI LUPI (2018) DI CHRISTIAN GUDEGAST


Di film che, come Nella tana dei lupi, trattano di grandi rapine e lotte tra banditi e tutori della legge, spesso molto simili tra loro sia per aspetto fisico che per modo di pensare, il cinema di Hollywood è pieno sin dai tempi de La grande rapina al treno (1903), ovvero il primo film d’azione made in USA. Laddove una volta era tutta campagna, ora c’è una giungla d’asfalto e cemento che risponde al nome di Los Angeles e al posto dei CowBoy che inseguono gli indiani, ci sono i poliziotti che inseguono malviventi di ogni genere, anche se la categoria prevalente è quella dei rapinatori di banche, essendo L.A. la città americana che registra il più alto numero di rapine (si parla di qualcosa come 44 alla settimana).

Christian Gudegast, al suo esordio, parte con un bel piano sequenza panoramico che dal cielo arriva fino al livello strada del distretto finanziario di Los Angeles per introdurci a quella che è una storia che nasce in realtà nei sobborghi a sud della city californiana, dove la gang comandata da Ray Merrimen (Pablo Schreiber) ed Enson Levoux (Curtis Jackson AKA 50 Cent) sta per provare a mettere a segno il colpo della vita: rapinare la sede losangelina della Federal Reserve.  A dar loro la caccia si mette l’agente della Major Crimes Nick O’Brien, detto anche Big Nick (Gerard Butler) che si distingue dai “cattivi” solo per il possesso del distintivo, ma  quanto a comportamento e linguaggio scurrile non scherza per niente nemmeno lui. Big Nick riesce ad intercettare l’autista della Gang, Donnie Wilson (O’Shea Jackson JR), sfruttandolo come informatore e anticipare così le mosse di Merrimen e soci.


Già vedendo il trailer si può immaginare che tipo di film sia Nella tana dei lupi: un film fatto di dialoghi sopra le righe, scazzottate, sparatorie, esplosioni, inseguimenti. E infatti, sebbene sia sempre meglio non fermarsi al trailer per giudicare un film, il canovaccio è esattamente questo. Centoquaranta minuti dei quali almeno cento costituiscono la preparazione al colpo e le relative contromisure adottate dalla polizia (con delle discutibili parentesi sulle vite private dei protagonisti, Big Nick in primis) e i restanti costituiti dal colpo e inseguimento con sparatoria, somigliante più che altro ad un’azione militare durante la guerra nel golfo per l’ingente quantità di armi e munizioni utilizzate. Nel mezzo citazioni ed omaggi (non si sa quanto volontari, e allora chiamiamoli anche scimmiottamenti) a svariati film ben saldi nella memoria degli appassionati del genere come “Bad Boys”, “Training Day”, spingendoci anche fino ad Ocean’s Eleven, e altri ancora.


Non anticipiamo niente del finale per non spoilerare, ma arrivare alla fine di Nella Tana dei lupi è stato davvero faticoso, sia a causa dell’eccessivo minutaggio, sia perché la sceneggiatura e lo sviluppo dell’azione non aggiungono niente che non sia stato già visto in precedenza, colpi di scena compresi, risultando eccessivamente macchinosi e prevedibili. In sostanza, questo è un film che non lascia molto dopo la sua visione, se non la sensazione che sarebbe stato meglio se fosse durato almeno un’ora di meno.
Nella tana dei lupi sarà in programmazione nei cinema italiani dal 5 aprile 2018, distribuito da Universal Pictures e Lucky Red.
Voto: 6-
Luca Cardarelli