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domenica 6 ottobre 2019

JOKER (2019) DI TODD PHILLIPS


Fresco vincitore del Leone d'oro alla 76esima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Joker, scritto e diretto da quel Todd Phillips autore della trilogia di "The Hangover" e di film come "Starsky & Hutch" e "Parto col folle", arriva nelle sale di tutto il mondo con la benedizione quasi unanime della critica planetaria, che però non vuole assolutamente sentir parlare di "Cinecomic" (non sia mai, i fumetti sono IL MALE ASSOLUTO!!!), bensì di un film che ha come protagonista una persona qualunque affetta da malattia mentale che, in comune con il celebre personaggio dei fumetti DC Comics, ha solo il nome e nulla più. In questo modo implicitamente la stessa critica accusa Todd Phillips di aver sfruttato l'altisonante nome del principale antagonista dell'Uomo Pipistrello per invogliare più persone possibili ad andare a vedere il suo film, dai cinefili duri e puri agli spettatori "della domenica". 


In realtà Joker è un cinecomic travestito da dramma sociale e politico e non il contrario, come si è altresì convinta la critica "bigotta" e snob festivaliera. A rinforzare questa tesi, le miriadi di citazioni tratte da fumetti, graphic novel e film precedenti a partire da "The killing joke" di Alan Moore e Brian Bolland, "L'uomo che ride" di Ed Brubaker e Doug Mahnke passando per il Batman di Tim Burton, fino ad arrivare ai più recenti "Il Cavaliere Oscuro" di Chris Nolan e "Batman V Superman" di Zack Snyder (quest'ultimo toccato molto marginalmente). Ma Todd Phillips, oltre a fumetti e cinecomic vari, cita pesantemente anche pezzi da novanta del cinema d'autore, in questo caso quello di Martin Scorsese, in quanto il personaggio di Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) rappresenta una sintesi quasi perfetta tra le personalità del taxista insonne Travis Bickle di "Taxi Driver" (1976) e dell'aspirante stand up comedian Rupert Pupkin di "Re per una notte", entrambi interpretati da Robert De Niro, casualmente presente anche in Joker nei panni dell'Anchorman Murray Franklin.
  

Il film si regge quasi totalmente sulle spalle di Phoenix, forse alla sua migliore performance, volto a impersonare in maniera pressoché perfetta un clown psicopatico con una risata che, quasi sempre, sfocia in un abbozzo di piagnisteo nervoso, accompagnato da una modulazione della voce che coinvolge lo spettatore riuscendo a renderlo empatico nei suoi confronti nonostante il suo comportamento non certo da cittadino modello. Quasi sicuramente Phoenix sarà in pole position per l'Oscar al miglior attore protagonista, in caso contrario la malafede dell'Academy sarà più che manifesta. 


In Joker, Joaquin Phoenix impersona il già citato Arthur Fleck, un quarantenne mentalmente disturbato, affetto da una risata patologica che parte ogni qual volta egli venga sottoposto a stress o si trovi in una situazione di disagio. Vive con la madre, anch'essa disturbata, e per sbarcare il lunario fa il clown negli ospedali o davanti ai negozi per invogliare la gente ad entrarci. Il suo sogno è quello di diventare uno stand-up comedian, ma ai suoi spettacoli nei bar di Gotham City le risate sono più rare delle piogge nel Sahara. Subisce la vita, più che viverla: è un emarginato, bistrattato e deriso da chiunque, dal semplice passante ai suoi colleghi di lavoro. Pian piano prenderà consapevolezza di questi soprusi e inizierà un percorso di trasformazione da "reietto" ad agitatore di masse contro la classe dirigente e gli appartenenti al ceto medio-alto della società, fino a diventare il Joker come tutti lo conosciamo.


Si delinea quindi una trama che per certi versi ricorda molto quella di Taxi Driver, cui si affianca una storia parallela alla Re per una notte (ma non entriamo troppo nei particolari) alle quali fa da sfondo una Gotham City sull'orlo del collasso sociale e politico, sporca, cattiva, dove vige l'anarchia e i ricchi sono visti dal popolo come il nemico da abbattere. In questa cornice, converrete anche voi, una personalità deviata e deviante come quella del Joker troverà, in un ipotetico futuro, terreno più che fertile per seminare caos e violenza.


Tutto avrei pensato ma non che sarei uscito dalla sala completamente trafitto dalla potenza che trasuda da questa pellicola, grazie a ogni sua componente, dalla performance del protagonista, assolutamente da Oscar, alle musiche da film horror, dalle ambientazioni claustrofobiche e luride, quasi a sottolineare la corruzione dei costumi e della società, alle luci al neon e alla fotografia fatta di colori acidi, sempre tendenti al verde in ogni sua declinazione, con rari sprazzi di colori più vivaci, il tutto tendente a favorire quella sensazione di sporco che ti travolge non appena ti rendi conto di stare empatizzando con il protagonista guardando con occhi rabbiosi personaggi che normalmente sono considerati "buoni", su tutti Thomas Wayne (Brett Cullen). Il carnefice (Fleck) è prima di tutto vittima della società che lo rende cattivo e vendicativo. La sceneggiatura è scritta in maniera tale da rendere difficile la distinzione tra le scene frutto della mente labile di Fleck e quelle effettivamente vissute. 


Todd Phillips ha impostato regia e messa in scena come se dietro la macchina da presa ci fosse Arthur Fleck stesso, rendendo il tutto ancora più malato e schizofrenico, disorientando oltremodo lo spettatore che viene sottoposto a continui twist narrativi fino alla fine del film, facendo sì che le immagini vengano scolpite nella memoria anche a distanza di giorni dalla visione del film (esperienza personale) e lasciando un film che verrà ricordato come qualcosa di coinvolgente, e sconvolgente ma, contemporaneamente estatico, sublime, potente e rivoluzionario.
Per tutto quanto sopra enunciato, Joker è da considerarsi a tutti gli effetti un punto di svolta in ambito cinefumettistico e non Burton, non Nolan (o comunque non così tanto), non Snyder, bensì Todd Phillips è colui che può fregiarsi di esserne l'autore, avendoci regalato uno dei migliori cinecomic di sempre, se non il migliore. 
Voto: 10
Luca Cardarelli