Manca meno di un mese dall'assegnazione degli ambitissimi Academy Awards e The Imitation Game è in lizza, tra gli altri, per il premio come miglior film. Era quindi d'obbligo vederlo, Dalle prime recensioni lette in giro per la rete abbiamo subito annusato il forte odore di ciò che è d'uso definire "film ruffiano" o, ancora più volgarmente, "paraculata". Dopo la visione del film questa sensazione si è trasformata in certezza. Ma andiamo per ordine. Come ben saprete ormai tutti, The Imitation Game è il film che racconta come Alan Turing (Benedict Cumberbatch) genio accademico inglese, esperto in crittografia, riuscì a realizzare una macchina in grado di decifrare i messaggi in codice dei nazisti durante la seconda Guerra Mondiale, in maniera tale che l'esercito inglese potesse anticiparne le mosse e sconfiggerli militarmente. Tutto il film gira intorno alla figura controversa di Turing e Cumberbatch, ricordando un po' il suo Sherlock della fortunata serie TV, lo interpreta magistralmente, e possiamo concordare con l'Academy per la sua nomination a miglior attore protagonista.
Ciò che lascia perplessi, però, è che nel finale il film vira bruscamente abbandonando il discorso storico-biografico in favore di un discorso sociale. Sebbene ci siano un po' di accenni nel corso del film sullo status di "personaggio particolare" di Turing, Tyldum è parso comunque dare molta più importanza alla Macchina creata da questi, senza però entrare in profondità con le spiegazioni tecniche (giustificato, in parte, dal fatto che molte informazioni sono ancora tenute chiuse a chiave in qualche cassaforte dell'MI6) e dando così quel senso di smarrimento allo spettatore che non si spiega come quella macchina sia passata dalla più totale inutilità al suo perfetto funzionamento.
D'altro canto, le didascalie finali che illustrano come tantissimi omosessuali siano morti per mano della Corona (compreso Turing, che, si dice, si è suicidato dopo la castrazione chimica) paiono essere state messe solo per strappare qualche lacrima al pubblico e per dare quel senso di "sociale" al film, ammiccando così anche alle facilmente impressionabili giurie da cine-festival, non ultima quella dell'Academy. Quindi la carne al fuoco messa da Tyldum è indubbiamente tanta, ma risulta alla fine cotta solo in superficie e quel che ne rimane è un film che, a dispetto delle lodi che moltissimi gli stanno tessendo, è ampiamente dimenticabile, nonostante il grande cast (Cumberbatch grandissimo), la bella colonna sonora e la fotografia vintage azzeccatissima. Non ci aspettavamo molto da questo film e, come accade quasi sempre, le nostre aspettative sono state rispettate. Ora dovrebbe essere il turno de "La Teoria del Tutto", ma abbiamo la medesima sensazione che avevamo prima di vedere "The Imitation Game".
Voto: 5/10.
Luca Cardarelli.