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mercoledì 20 settembre 2017

LEATHERFACE (2017) DI ALEXANDRE BUSTILLO E JULIEN MAURY [NO SPOILER]

Questa doveva essere una recensione "in anteprima"ma, per svariate vicissitudini, riesco a scriverla solo oggi, con il film in questione già in sala da una settimana. Scusate il ritardo.


Quando ormai si pensava che fosse stata spremuta anche l'ultima goccia di succo da quell'enorme limone rappresentato da The Texas Chain Saw Massacre (sei episodi "ufficiali", uno "spurio" prima di questo), saga ideata dal compianto Tobe Hooper che curò la regia dei primi due episodi,  ecco il duo francese composto da Alexandre Bustillo e Julien Maury, conosciuti per il trittico horror composto dalle pellicole A l'intérieur (2007), Livide (2011) e Aux youx des vivants (2014), decidono di allungare la serie di film dedicati al personaggio conosciuto in Italia con il nome di Faccia di Cuoio, con quello di Leatherface nel resto del mondo. Partendo dal soggetto di Tobe Hooper, con una sceneggiatura affidata a Seth M. Sherwood (London has fallen - Attacco al Potere 2), i due registi francesi danno vita ad un origin movie a forti tinte Pulp con un'impronta da road movie ed un numero impressionante di sequenze raccapriccianti nelle quali la fanno da padrone sangue, violenza, spesso gratuita e, addirittura, necrofilia


Entrando nei particolari, ma tenendoci sempre a distanza di sicurezza dai tanto temuti spoiler, si analizzano l'infanzia e l'adolescenza  di Jedidiah "Jed" Sawyer, divisa tra la convivenza in una famiglia di pazzi assassini capeggiata dalla madre Verna (Lili Taylor), in perenne guerra con Hal Harman (Stephen Dorff), un ranger locale al quale i Sawyer avevano ucciso la figlia Betty nel 1955, e la permanenza in un ospedale psichiatrico per giovani strappati a famiglie malvagie, dalla quale fuggirà, nel 1965, in seguito ad una rivolta. Protagonisti della fuga saranno Clarice (Jessica Madsen), Jackson (Sam Strike), Bud (Sam Coleman), la dottoressa presa in ostaggio Lizzy (Vanessa Grasse) e Ike (James Bloor). Tra loro si nasconde il futuro Leatherface. Chi sarà? (non andate sulla sciagurata pagina di Wikipedia, mi raccomando). 


Onestamente, prima di assistere alla proiezione, le aspettative nei confronti di Leatherface non erano troppo alte forse, anche, per colpa della valanga di remake, prequel, sequel da cui siamo stati travolti negli ultimi anni e di cui i film da salvare si contano sulle dita di una mano. Ma mi sono dovuto ricredere in quanto questo prequel concentra in sé tutti gli elementi essenziali per la buona riuscita di un film horror che trova la sua esatta collocazione nel sottogenere Slasher, colmo fino all'orlo di citazioni  e omaggi a Oliver Stone (Natural Born Killers) a Quentin Tarantino (Pulp Fiction), per non parlare di quelle interne alla saga, presenti in un numero spropositato, e non tralasciando uno stile registico che ricorda il primo Rob Zombie


Inoltre ha stupito un po' tutti venire a sapere che il film è stato girato, in esterni, in Bulgaria comprese le scene nel diner, locale riprodotto fedelmente in loco secondo lo stile dell'epoca (anni '60). Leggendo le note di produzione si intuisce facilmente che gli addetti ai lavori abbiano preso d'assalto mercatini vintage di mezzo mondo prima dell'inizio delle riprese del film. Niente è lasciato al caso: è tutta roba autentica, dalle automobili alle macchinette del caffè. Puro Vintage Americano


Gli amanti del genere godranno a più non posso saggiando l'elevatissimo tasso di sadismo presente in questa pellicola, nella quale non viene risparmiato nessun dettaglio. Squartamenti, mutilazioni e torture sono presenti in tutte le loro fasi, non lasciando nulla all'immaginazione. Leatherface è un film in cui il personaggio più sano ha la lebbra, un film nel quale l'umanità non trova assolutamente rifugio, un film malato, sanguinoso, brutale. E a noi piace così. 
La saga di Faccia di cuoio ha trovato il suo vero, grande inizio
Voto: 9, da vedere assolutamente.
Luca Cardarelli


lunedì 18 settembre 2017

VALERIAN E LA CITTÀ DEI MILLE PIANETI (2017) DI LUC BESSON



Luc Besson ritorna con un film a metà tra il fantasy e il fantascientifico dopo aver sbancato al box office nel 2014 con Lucy. Stavolta il cineasta francese traspone su pellicola Valerian e Laureline, serie a fumetti pubblicata a cavallo tra anni '60 e '70 dal duo formato da Pierre Christin e Jean Claude Mézières,  ribattezzandola Valerian e la Città dei mille pianeti
Ventottesimo secolo: Valerian (Dan Dehaan) e Laureline (Cara Delevingne) sono due agenti speciali incaricati di mantenere l'ordine dell'Universo. Il Ministro della difesa (Herbie Hancock) affida loro una missione nella città di Alpha, megalopoli planetaria nella quale convivono molteplici specie provenienti da ogni angolo dell'universo. Obiettivo dei due Agenti è quello di scovare e sconfiggere in una disperata corsa contro il tempo una misteriosa forza oscura che minaccia la pace e la stessa esistenza di Alpha
Ero molto curioso di vedere questa nuova avventura di Luc besson, regista che apprezzo sin dai tempi di Nikita, Lèon e Il Quinto Elemento. Ho avuto l'occasione di vederlo in anteprima per la stampa, in versione originale e in 3D (vedere i film in 3D con i sottotitoli è quanto di più infelice possa accadere in una sala cinematografica).


Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un ritorno prepotente della cultura pop anni '70 e '80 la quale ha impregnato musica, televisione e cinema come non era mai successo con nessuna delle tendenze antecedenti credute morte e sepolte. Anche Luc Besson non si è sottratto a questo trend e ci propone un film che mescola in sé una vasta gamma di correnti e di generi, condensandoli pesantemente e sparandoli negli occhi di noi spettatori in maniera niente affatto moderata. Il che potrebbe essere un bene. Non a caso i maggiori successi degli ultimi anni, per quanto riguarda Cinema e Serie TV hanno fatto la stessa identica cosa. Basti pensare a I Guardiani della Galassia e Stranger Things, per citarne due a caso. Il problema è che Valerian e la Città dei mille pianeti non ha niente di innovativo, al contrario dei due prodotti citati. É un film che nasce già vecchio, già visto, già ampiamente superato.


Va bene il citazionismo (chi scrive ama questo elemento applicato a film di ogni genere), ma di film che riprendono quel filone cinematografico che parte da Star Wars passa per Blade Runner e arriva al recente Avatar, sia per temi trattati che per le ambientazioni, ne abbiamo visti già fin troppi. Ma non è questo l'unico fattore che fa propendere per giudicare in maniera negativa il film.
Innanzitutto la prima ora e mezza, a causa di una sceneggiatura raffazzonatissima, viene impiegata per definire, in maniera molto confusionaria, la missione dei protagonisti, tant'è che molti in sala si guardavano tra loro con espressioni di smarrimento. Andando avanti nella visione, a parte qualche suggestiva scena (in CGI), qualche battutina da risata a denti stretti e scene d'azione tra le meno coinvolgenti di sempre, il film scorre molto a fatica verso la fine.
Soprattutto, non si è capito perché Luc Besson abbia deciso di sprecare così tanto tempo ad indirizzare i protagonisti verso il loro obiettivo. Il colpo di scena che avrebbe dovuto lasciare a bocca aperta tutti era in realtà ampiamente immaginabile sin dalle prime scene del film e il finale, anch'esso imprevedibile come la pioggia a Londra in autunno, si riduce ad uno spiegone di un quarto d'ora di cui tutti avrebbero fatto volentieri a meno, probabilmente anche i due protagonisti, porelli.



Infine, proprio la coppia formata da Dan Dehaan e Cara Delevingne appare stanca già dai primissimi minuti, come se i due non avessero voglia di recitare o lo facessero meccanicamente e i cameo di Rihanna e Ethan Hawke presentati come fondamentali e interessantissimi, non sono assolutamente nessuna delle due cose, soprattutto quello della Pop Star di Barbados. Vedere per credere, Signori. Persino la colonna sonora curata dal pluripremiato Alexandre Desplat non aggiunge nulla al valore del film, adattandosi perfettamente alla sua mediocrità.
Il fatto che molti abbiano giudicato il film "Visivamente" bello, non significa che sia bello anche nel suo complesso. É come se aprissimo una bellissima scatola che, con nostra massima delusione, scopriamo contenere nient'altro che  un regalo riciclato.


Quindi si può parlare di grossa delusione per quanto mi riguarda, e di enorme occasione sprecata (l'ennesima, se non guardiamo per una volta agli incassi al botteghino) per Luc Besson, che pare non azzeccarne più una da un po' di tempo a questa parte.
Il film uscirà nelle sale italiane il prossimo 21 settembre.
Voto: 5-- (però Cara Delevingne è bellissima, eh).
Luca Cardarelli


mercoledì 13 settembre 2017

BARRY SEAL - UNA STORIA AMERICANA (2017) DI DOUG LIMAN



In piena "pandemia" di film e serie tv su cartelli della droga, capi dei cartelli della droga e caccia ai capi dei cartelli della droga (il riferimento ai vari Narcos, El Chapo, Escobar, Loving Pablo e altri ancora è puramente voluto), sta per arrivare nelle sale italiane l'ennesima pellicola sulla lotta intrapresa, con metodi a dir poco bizzarri, dal Governo USA nei confronti del narcotraffico centro/sudamericano. Doug Liman, dopo The Bourne Identity, Mr. & Mrs. Smith e quel videogiocone The Edge of Tomorrow, con Barry Seal - Una storia americana (American Made il titolo originale), si tuffa in una Spy-Story a forti tinte action/comedy basata su avvenimenti realmente accaduti. Protagonista della vicenda è, come suggerisce il titolo, Barry Seal (Tom Cruise), ex pilota di linea della TWA col vizietto del contrabbando, assoldato dalla CIA per aerotrasportare e consegnare armi da parte del Governo USA a dei guerriglieri centroamericani, in seguito assunto da Pablo Escobar come pilota con il compito di far arrivare la cocaina in territorio USA e, infine, intercettato dalla DEA di cui diviene uno dei più importanti informatori e collaboratori degli anni '80.


Un triplo gioco che gli frutterà talmente tanti soldi da non sapere più dove nasconderli (inizierà infatti a seppellirli nei prati) ma che ovviamente lo esporrà a notevoli rischi sia per la sua vita che quella della sua famiglia, tenuta inizialmente all'oscuro di tutto. Le basi per un gran bel film c'erano tutte: la storia accattivante, un cast che vede oltre a quella di Tom Cruise anche la presenza di Domhnall Gleeson nei panni dell'Agente Governativo Monty Schafer e un regista con buoni, se non ottimi, spunti. Infatti la pellicola non annoia, anzi, è dotata di un bel ritmo sostenuto da un'affascinante colonna sonora anni '70-'80, da una fotografia coloratissima e un montaggio molto vivace ma... c'è un problema.


Qualcuno potrà giudicarlo grande e qualcun altro di poco conto, ma è sempre un problema: Barry Seal risulta in tutto e per tutto una fotocopia mal camuffata di pellicole come, ad esempio, Blow di Ted Demme e durante innumerevoli scene il pensiero "eppure tutto questo mi ricorda qualcosa" è stato molto frequente (addirittura ce n'è una che, se non fosse che in Blow recitava Johnny Depp e qui Tom Cruise, sembrava tagliata/incollata da un film all'altro). 
Non fosse stato per questo piccolo difettuccio del "già visto" Barry Seal avrebbe avuto tutti i crismi del "cult", ma è destinato ad entrare in quella già affollatissima stanza senza apparenti pareti chiamata "dimenticatoio".
Il film uscirà nei cinema italiani il 14 settembre 2017.
Voto: 6--
Luca Cardarelli