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venerdì 18 maggio 2018

DOGMAN (2018) DI MATTEO GARRONE


Presentato in concorso al Festival di Cannes 2018 (e accolto in maniera molto positiva dalla critica) Dogman, il nuovo film diretto da Matteo Garrone (Gomorra, Reality e Il racconto dei Racconti), è tratto dai fatti risalenti al 1988 con al centro della scena il cosiddetto Canaro della Magliana, Pietro De Negri, nel film chiamato semplicemente Marcello, interpretato da Marcello Fonte, autore di efferati ed indicibili abusi e torture che portarono alla morte l’ex pugile dilettante Giancarlo Ricci, nel film chiamato Simoncino ed interpretato da Edoardo Pesce.


Iniziamo subito con il sottolineare che gli eventi dai quali ha preso spunto Matteo Garrone, che già per loro natura sono stati ricostruiti più volte da medici legali e autorità partendo dalle confessioni di De Negri, sono molto controversi e, forse per questo, risultano molto alterati nel film. Ma quello che preme analizzare è il film in sé, sia dal punto di vista tecnico che da quello emozionale. Non penso di esagerare se affermo sin da subito che Dogman è un capolavoro e, se non lo fosse, gli andrebbe comunque molto vicino. Innanzitutto mi aspettavo una pellicola dai contenuti molto forti, essendomi documentato - molto sommariamente - sulle vicende del “Canaro” - sì insomma, su wikipedia e youtube - ed in un certo senso è stato proprio così. Ma Garrone per fortuna non è Von Trier (a proposito, trepidante attesa per il suo nuovo film, The house that Jack built, anch’esso presentato a Cannes in questi giorni), e riesce nella difficile, per molti altri registi impossibile, impresa di lavorarti ai fianchi per tutta la durata della pellicola, per poi finirti con un gancio potentissimo al mento nella parte finale, dove alla violenza psicologica dovuta alla sua regia sublime, si aggiunge anche quella fisica portata dal racconto della tragica vicenda.


Un film senza colonna sonora e con dialoghi molto asciutti, dove però a suonare sono le immagini che dipingono con tinte neorealiste l’angosciante periferia romana che fa da cornice alla storia. Marcello è fondamentalmente un uomo buono, non uno stinco di santo, sia chiaro (è comunque un pregiudicato per reati minori oltre che cocainomane), che prova ad andare avanti con la sua attività di toelettatore per cani, ma vive in uno stato di continua vessazione per colpa di Simoncino, che si atteggia a boss di quartiere ottenendo sempre quello che vuole con le buone e, molto più spesso, con le cattive.


La bravura di Garrone è stata nel far emergere pian piano il lato “animalesco” di Marcello, caratterizzandolo in maniera sopraffina quasi esclusivamente mediante l’utilizzo di primi e primissimi piani intensissimi. Il film che ne viene fuori, nonostante le ambientazioni angoscianti, protagonisti brutti, sporchi, cattivi e molto borderline, nonché un plot essenziale, ai limiti del minimalismo, è comunque capace di mettere in subbuglio l’anima dello spettatore che rimarrà impietrito davanti al finale, non tanto per la crudezza delle immagini comunque sempre nei limiti della sopportabilità, quanto per gli sguardi allucinanti e allucinati catturati dalla macchina da presa, unico grande mezzo di comunicazione nelle mani di un sapiente quanto geniale manovratore qual è Matteo Garrone.


Qui si parla, quasi senza ombra di dubbio (perché comunque ci sarà anche chi non apprezzerà, teniamolo in conto) di uno dei migliori film italiani degli ultimi anni, se non il migliore, e non c’è Sorrentino che tenga.
Il film è in programmazione dal 17 maggio nei cinema italiani, distribuito da 01 Distribution in collaborazione con Rai Cinema.
Voto 9.5








9 commenti:

  1. Un film che attendevo con molta curiosità e che spero di riuscire a vedere quanto prima... Garrone mi sembra il regista ideale per narrare una storia così cruda da risultare quasi irreale, e sono curioso di capire come avrà gestito le contraddizioni del racconto del protagonista...

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    1. Eh sì, diciamo che i fatti di cronaca gli sono funti da bozza di sceneggiatura. Lui ha modificato leggermente gli avvenimenti, soffermandosi più che altro sul lato “umano” dei personaggi, avvalendosi di una regia da applausi e fotografia e colori incredibili.

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  2. Non je la posso fa. Limite o pregio non lo so. Ma non je la posso fa.

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    1. Nel senso che questi drammi annunciati e conosciuti, anche se sviscerati alla ricerca di diverse luci di lettura, sempre truculenti restano (e non è quella surreale di Deadpool.. è proprio truculenza vera.. )

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  3. Questi giorni ho fatto una maratona con i film di Garrone, per notare meglio la sua tecnica. Ha fatto davvero molti progressi in questi anni, sono davvero curioso di vedere Dogman.

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  4. Mi chiedo che cosa debba fare ancora Garrone per vincere la Palma d'Oro... eppure ci scommetterei che non gliela daranno nemmeno stavolta :(

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